domenica 19 aprile 2009

L'origine della specie


Ufficialmente l'etimologia di "blog" è da ricondurre alla crasi fra "web" e "log", letteralmente "diario in Rete". Questo non significa che l'incipit di ogni post debba essere "mio caro diario", anche perché parlare con un insieme di fogli rilegati (o un monitor) è un pelino da psicotici.
Ad ogni modo, mi lancio anch'io nel mio pubblico eiaculare (o elucubrare, lo stesso).

Ha dunque ragione il Merovingio di Matrix? Causa-Effetto? Azione-Reazione? Nah, non credo proprio. Anche perchè altrimenti Berlusconi sarebbe precipitato nell'oblio da mo', perlomeno se esistesse quella sorta di catena universale di tessere di domino di cui stiamo parlando.

In realtà devo confessare di avere paura dell'amore, inteso come serie di scariche bioelettriche neuronali che determinano l'unione più o meno stabile tra due esseri umani. Perché, non so se per matrice genetica, retaggio culturale o entrambe le cose, si rischia con troppa facilità di scambiare le persone come oggetti in nostro possesso, e trattarle di conseguenza. Se a questo aggiungiamo il fatto che spesso avere una relazione con qualcuno è dettato dall'abitudine, dal conformismo sociale, dallo spettro della solitudine, dall'atavico desiderio di avere sempre a disposizione un buco o un fallo ai fini del piacere personale, la frittata è fatta.

Per cui sì, ho paura dell'amore, non mi fido dell'amore, a dirla tutta non so neanche se esista 'sto cazzo di amore, di cui sopra.
Per cui sì, soffrire, e far soffrire, fa parte delle regole del gioco. Un gioco a cui volenti o nolenti dobbiamo prender parte, ed in cui dobbiamo operare delle scelte. Persino quella di trarsene fuori forzatamente lo è.

Alla fine della fiera, se ne potrebbe dipingere un quadro a tinte decisamente fosche. Ma poi, in fondo in fondo, dopo tanto patire, ci si rende conto che è molto peggio di così. Ci rimane solo una piccolissima, insignificante, futile cosuccia da fare: evolverci, che sarebbe poi uno dei nostri motori primari. Evolversi, dicevo: imparare da ciò che è stato, analizzare l'oceano senza farsi trascinare dalle sue onde. Migliorarsi in qualche maniera, sebbene il metro di paragone risulti sempre soggettivo; ed è una cosa sacrosanta, aggiungerei.

È osare troppo? Si rischia la fine di Prometeo? Forse sì, ma d'altronde la sigaretta post-caffè la dovrò pur accendere in qualche modo.

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