giovedì 14 maggio 2009

Solo come una foglia


Carrasecare (P.Marras - L.Marielli)

Deus, ses in s’aera?
Deus fattu a bisera
Cras a mandzanu bo’ lasso sa vida e micch’ando
Cras a mandzanu su mundu affanculu che mando

Deus, bessi dae domo
Fachemi morrere como
Chi morza biende
Sos anzoneddos brinchende

Balla chi commo benit carrasecare
A nos iscutulare sa vida
Tando tue podes fintzas irmenticare
Tottu s’affannu mannu ‘e sa chida
E su coro no, no s’ispantada
E sa morte no, no chi no b’intrada
E sa notte fraga’ ‘e bentu de beranu
Ses cuntentu?

Deus, a mala ‘odza
Soe solu che foza
Chito su entu a mandzanu at a benner cantende
Amus a facher muttetos in paris riende
Deus bessi dae domo
Fachemi morrere como
Chi morza biende
Sos anzoneddos brinchende


Carnevale

Dio, sei nell’aria?
Dio reso ridicolo
Domani mattina vi lascio la vita e me ne vado
Domani mattina mando il mondo affanculo

Dio, esci di casa
Fammi morire adesso
Che muoia guardando
Gli agnellini saltare

Balla che adesso viene il carnevale
A scuoterci la vita
Allora potrai anche dimenticare
Le grandi preoccupazioni della settimana
E il cuore no, non si stupisce
E la morte no, non c’entra
E la notte sarà invasa dal vento della primavera
Sei contento?

Dio, per forza
Sono solo come una foglia
Di mattina presto verrà il vento cantando
Canteremo insieme ridendo
Dio esci di casa
Fammi morire adesso
Che muoia vedendo
Gli agnellini saltare


Canzone, a mio modo di gustare, dalle liriche e dalle musiche bellissime, che coniugano il rock elettrico e le melodie tipiche della tradizione cantautorale italica al folk riveduto e campionato dal profondo cuore della profonda Sardegna; il tutto sospinto dal soffio trionfale dei violini.

Il testo è una preghiera malinconica e dolcissima, un grido amaro e roco sostenuto dalle armonie gioiose. La disperazione nata dalla solitudine trova la sua catarsi nel suono angelico della voce di Andrea Parodi (nella foto, portatoci via prematuramente da un cancro traditore) e nell'immagine dei piccoli agnelli che giocano.


martedì 5 maggio 2009

Gianni!



L'ottimismo aiuterà forse a vivere meglio, ma di certo anche ad allargare il buco del culo per ogni eventuale transito.

La cavalleria non è morta...non ancora.



Oggi sono uscita nel primissimo pomeriggio per andare a lezione. Giornata stupenda nella Capitale. Caldo quasi estivo...sole...intervallato da qualche nuvola apparentemente innocua.
Mentre raggiungo l'Università...mi accorgo che il cielo si fa minaccioso, grigio a livelli inverosimili...in lontananza tuoni: preludio ad un'apocalisse d'acqua che ultimamente qui è nota a molti.
Mentalmente passo in rassegna il contenuto della mia gigantesca borsa viola: fazzolettini (inutili, almeno in prima battuta), ammuchina per l'igiene delle mani (come sopra), pochette con trucchi vari(superflua), quadernone gigante (uhmmm in ultima analisi, forse...), i-pod scarico (what a fuck! non posso ascoltare nulla durante la mia sicura doccia en plen air), 2 cellulari (posso sempre chiamare un valletto che mi scorti a casa), portafogli(magari il valletto dovrò pagarlo...), gomme (nel caso il valletto abbia l'alito pesante), specchio (con questa faccia il valletto non lo trovo di sicuro). Mi arrendo. Entro in aula sperando nella futura clemenza di Marte (dio del tuono, della pioggia, della natura e,perché no!?... della fertilità).
Nelle successive due ore viene giù il cielo...tuoni, fulmini, pioggia, saette, grandine, e chipiùnehapiùnemetta...cerco di mantenere la calma, e fiduciosa mi dico: manca ancora un'ora.
Nel corso della lezione, smetto per un attimo di pensare alle condizioni meteo e, mentre prendo appunti, rimango sconcertata dalla condotta media degli appartenenti al sesso maschile che popolano la gigantesca aula:
uno in particolare continua a tossirmi addosso schifosamente, a tradimento, ora sulla nuca, ora su una spalla, ora proprio nel collo...si, ne sono sicura!!! I suoi germi sono arrivati al mio collo...OMIODDDIO...il maledetto untore avrà sicuramente l'influenza suina mischiata con l'aviaria, sarà sicuramente appena tornato da Tijuana passando per Sumatra. Ma, soprattutto, né in Messico, né in Indonesia, tantomeno a casina sua, gli hanno insegnato che
QUANDO TOSSISCI, ODIOSA, STUPIDA SCIMMIA CONTAMINATA, DEVI COPRIRTI LA BOCCA CON UN ARTO SUPERIORE...UNO A CASO!!!
Ok, respiro, anzi no, non respiro affatto e di corsa mi sposto, per non riversargli addosso la mia ira da donna sull'orlo (si spera) del ciclo mensile...
Altri due esemplari di maschio indisponente e irrispettoso e si appartano a chiacchierare ruomorosamente dietro una tenda delle numerose finestre dell'aula...mentre la povera Prof. si affanna con un filo di voce a spiegare la sua lezione.
Quando, esasperata, lei li stana...loro, come se non avessero rotto nemmeno un piatto(direbbe mia mamma), ridacchiando si separano...e si siedono, concorrendo dai loro rispettivi posti, alla fomazione di un orrendo rumorio generale, che riduce la voce della Prof. ad un fastidioso suono di sottofondo.
Ci tengo a sottolineare che non sono, e non sono mai stata, una bacchettona lecchina, asservita all'autorita del professore di turno...ma rimango basita davanti a tanta cafoneria, villania, malcreanza (che bel termine!) dimostrata da ragazzi, ormai uomini, o presunti tali, nei confronti di una donna minuscola ed esile, garbata anche nel suo richiamarli all'ordine, che si deve addirittura affannare per portare a stento a termine il suo lavoro...che non consiste nella realizzazione di una piramide umana a testa in giù, ma di una semplice, per quanto noiosa, lezione. Buzzurri!!!
Con questa elevata considerazione del genere maschile, che mi accompagna, lascio l'aula e mi dirigo spedita verso la mia fermata del tram...Piove ancora, dannazione!
...l'inutile contenuto della borsa rimane lì dov'è...uso il mio caro vecchio giubbotto di pelle a mo' di ombrello...e arrivo alla fermata. Il tram non accenna ad arrivare, piove copiosamente, mi guardo intorno: una mamma in costume indiano e il suo bambino mi passano accanto sotto l'ombrello, un ragazzo a pochi passi da me, occhi verdissimi, mi guarda mentre rolla una sigaretta tenendo sulle spalle il suo ombrellino nero, altri due signori aspettano il primo mezzo utile, anche loro riparati adeguatamente...raggiunge la comitiva di persone previdenti (fatta eccezione per la sottoscritta) un bambino di chiare origini sudamericane...sicuramente sovrappeso, ma non tanto da giustificare le dimensioni del suo ombrello: roba da rimini e riccione a ferragosto. Invece che invitarmi a trovare riparo presso di lui (visto che, volendo, avrebbe potuto ospitare tutta la mia famiglia), il bambinone continua a far ruotare il suo tendone da circo, ovviamente nella mia direzione...infierendo sulla mia condizione di pulcino alluvonato.
Proprio mentre mi accingo a maledire definitivamente generazioni e generazioni di maschi di ogni taglia, razza, fede calcistica, credo religioso, estrazione sociale, età, colore di capelli...ecc...sento una presenza alle mie spalle...la pioggia smette di ticchettare sul mio fradicio giubbottino di pelle.
Mi volto, e...due occhi verdi, un sorriso gentile, e una sigaretta rollata di fresco, mi dicono: vieni, stai qui sotto, che è meglio...se poi aspetti il 5 hai anche fortuna perché è quello che prendo io!
Sorrido, ringrazio, e rifletto...mi verrebbe da raccontargli che lui, un ragazzo con le chiavi di casa appese al collo, l'aria trasandata e la luce negli occhi, ai miei, di occhi, ha salvato, in extremis, la reputazione di tutto il genere maschile.
La tentazione è forte, ma scelgo di ringraziare ancora e poi tacere.
Non scambiamo altre parole, non serve.
Saliamo sul tram, lui si immerge nella lettura di Underworld, io lo osservo di nascosto, e al momento di scendere ci salutiamo.
Magari è vero che la cavalleria non è morta...ma, sicuramente, bene non sta.

Ancient lullaby



Come volevasi dimostrare, anche oggi a letto tardi a dispetto di ogni previsione.
E tuttora temporeggio scrivendo questo messaggio, perchè ho paura a chiudere gli occhi, perchè sento di aver sprecato un altro giorno non avendo fatto quello che avrei voluto poter fare.

Qual è il confine fra un grido di disperazione e una nenia vittimista? E soprattutto, l'ho mai superato?

Quando la tristezza diventa rabbia, e la rabbia odio, non ho le forze per prenderne le distanze ed arrestare questo processo, che finisce per rosicchiare la mia umanità pezzo per pezzo, giorno per giorno. Ed è un male non esorcizzabile per via dell'impossibilità di parlarne, sia per il deserto ottundente che mi circonda, sia per i doveri morali anche a causa dei quali mi ci sono inoltrato.

Non mi resta che affidare le speranze alla parola, confidando nel vento che ha disegnato queste dune.

giovedì 30 aprile 2009

L'eco di Narciso


Il colpo arriva in genere inaspettatamente, con la furia canina di un berserkr e l'infida precisione di un backstab; il danno è inesorabilmente critico.

All'inizio, ancora barcollanti per lo stordimento, si cerca di riprendersi accampando motivazioni improbabili, ma pur sempre serbando la speranza effimera di aver preso un mero abbaglio.

Poi arriva l'irlandese epifania: è tutto vero, hai perso. È finita.
Ed è esattamente in questo momento che si rischia di commettere l'errore più grave : odiare chi ti ha involontariamente colpito, ancora accecati dalla rabbia che rischia di deformarne l'immagine.

Perché si farebbe di tutto, per preservare l'incolumità del proprio principe.
È insopportabile l'idea che possa venir anche semplicemente scalfito.

Ma la realtà è ciò che è, non ciò che dovrebbe essere. Siamo umani e meravigliosamente inadeguati. L'accettazione non è un'opzione; è la priorità.

Credo che solo in questa maniera sia possibile tornare ad amarsi, e ad amare.

giovedì 23 aprile 2009

La censura deforma, informa e fa quel cazzo che le pare


Ci risiamo. Nel nostro paese diversamente libero, e diversamente democratico, i nostri beneamati patriarchi decidono preventivamente cosa potrebbe o meno offendere i nostri sentimenti, ed intaccare l' universalmente identico buongusto.

Eccezionale la motivazione dietro alla quale viene mascherata l'ennesima censura all'ennesimo comico : «valutata gravemente lesiva dei sentimenti di pietà dei defunti e in contrasto con i doveri e la missione del servizio pubblico la vignetta di Vauro Senesi»; e la sua diretta conseguenza : «la Rai in via cautelativa e da subito non intende avvalersi delle prestazioni dello stesso».

Notare la perla conclusiva : «in via cautelativa». Cautelarsi da cosa? Da chi? È sempre la solita nenia : con la scusa di proteggersi da una denuncia (in questo caso, addirittura fantomatica : siamo al parossismo spinto), il nostro servizio pubblico stringe la mordacchia ai comici satirici. Lo stesso identico procedimento che venne attuato contro Daniele Luttazzi, per citarne uno (ed il migliore, ad avviso di chi scrive); con la piccolissima differenza che l'artista romagnolo vinse la causa plurimiliardaria intentata dallo zerg berlusconiano al gran completo (Fininvest, Mediaset, Forza Italia, Tremonti ed ovviamente il Cavaliere stesso), ma tuttora non può tornare in Rai.

Forse Masi intendeva proprio questo con "la missione del servizio pubblico": è un aspirante Eymerich. Tuttavia, nel suo sacro furore, si è scordato di fare i compiti. Il ricorso all'eccesso, alla provocazione, all'irriverenza, è una delle tecniche della satira, uno dei mezzi; non il fine. Nello specifico, il grottesco lavora per addizione, a differenza dell'ironico, che compie il processo opposto. Quando poi si ride su un argomento drammatico, non vedendo altra soluzione possibile, si ha la cosiddetta "risata verde", chiamata così nei cabaret di Berlino addirittura negli anni venti. Sveglia, Masi.

La satira attacca i pregiudizi, sfida i tabù; ed inoltre, come ricorda sempre il mio amato Daniele, se ci si offende per la battuta e non per l'evento sulla quale essa si è espressa, è la propria scala di valori ad esser corrotta. Le gag e le vignette non hanno mai ucciso nessuno; la guerra, l'odio e la corruzione sì, invece. Ed infatti, a tal proposito, cito le parole dell'europarlamentare Claudio Fava : “Nel decreto casa discusso dal Governo non veniva spesa una sola parola sul rischio terremoto. Se si esclude l'articolo 6, volto a chiedere vincoli sismici meno rigidi. Poi è venuta giù l'Aquila...". Come se ciò non bastasse, con il recente decreto milleproroghe le nuove norme antisismiche, contenute nelle legge 186 del 2004 (!!!), erano per l'ennesima volta state rinviate. Ora invece, misteriosamente, diventeranno obbligatorie proprio in occasione dell'imminente piano casa. Paraculaggine all'estrema potenza.

Chiudo con una chiosa doverosa. Giornalisti come Michele Serra, Lietta Tornabuoni e Giovanni Valentini, che in passato depositarono palate di merda su Luttazzi stesso (da cui ho liberamente attinto e che in alcuni casi ho spudoratamente citato per determinati passaggi di questo post), ora si ergono a difensori senza macchia della libertà d'espressione. Forse avrebbero fatto meglio a tacere; così, in via cautelativa.

domenica 19 aprile 2009

L'origine della specie


Ufficialmente l'etimologia di "blog" è da ricondurre alla crasi fra "web" e "log", letteralmente "diario in Rete". Questo non significa che l'incipit di ogni post debba essere "mio caro diario", anche perché parlare con un insieme di fogli rilegati (o un monitor) è un pelino da psicotici.
Ad ogni modo, mi lancio anch'io nel mio pubblico eiaculare (o elucubrare, lo stesso).

Ha dunque ragione il Merovingio di Matrix? Causa-Effetto? Azione-Reazione? Nah, non credo proprio. Anche perchè altrimenti Berlusconi sarebbe precipitato nell'oblio da mo', perlomeno se esistesse quella sorta di catena universale di tessere di domino di cui stiamo parlando.

In realtà devo confessare di avere paura dell'amore, inteso come serie di scariche bioelettriche neuronali che determinano l'unione più o meno stabile tra due esseri umani. Perché, non so se per matrice genetica, retaggio culturale o entrambe le cose, si rischia con troppa facilità di scambiare le persone come oggetti in nostro possesso, e trattarle di conseguenza. Se a questo aggiungiamo il fatto che spesso avere una relazione con qualcuno è dettato dall'abitudine, dal conformismo sociale, dallo spettro della solitudine, dall'atavico desiderio di avere sempre a disposizione un buco o un fallo ai fini del piacere personale, la frittata è fatta.

Per cui sì, ho paura dell'amore, non mi fido dell'amore, a dirla tutta non so neanche se esista 'sto cazzo di amore, di cui sopra.
Per cui sì, soffrire, e far soffrire, fa parte delle regole del gioco. Un gioco a cui volenti o nolenti dobbiamo prender parte, ed in cui dobbiamo operare delle scelte. Persino quella di trarsene fuori forzatamente lo è.

Alla fine della fiera, se ne potrebbe dipingere un quadro a tinte decisamente fosche. Ma poi, in fondo in fondo, dopo tanto patire, ci si rende conto che è molto peggio di così. Ci rimane solo una piccolissima, insignificante, futile cosuccia da fare: evolverci, che sarebbe poi uno dei nostri motori primari. Evolversi, dicevo: imparare da ciò che è stato, analizzare l'oceano senza farsi trascinare dalle sue onde. Migliorarsi in qualche maniera, sebbene il metro di paragone risulti sempre soggettivo; ed è una cosa sacrosanta, aggiungerei.

È osare troppo? Si rischia la fine di Prometeo? Forse sì, ma d'altronde la sigaretta post-caffè la dovrò pur accendere in qualche modo.